“Noi, italiani di serie B in attesa della cittadinanza”

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/02/29/news/noi_italiani_di_serie_b_in_attesa_della_cittadinanza-30713509/

Sono nati in Italia, ma a 18 anni rischiano l’espulsione. Ecco i ragazzi che chiedono una legge che riconosca lo “Ius soli”, e che domani animeranno lo “sciopero dei migranti”
DI ILARIA VENTURI

Quando gli chiedi: “Da dove vieni?”, Mohannad, 16 anni, scuote la testa. E con pazienza, tanto ci è ormai abituato, risponde: “Da Bologna, sono nato qui”. Questa città è la sua. L’Emilia è la terra in cui è nato. L’Italia è il suo Paese. Ma Mohannad non è cittadino italiano. E non lo sono nemmeno Mohamed e suo fratello Moaz. Sono gli stranieri di “seconda generazione”, adolescenti a rischio di espulsione quando compiranno 18 anni se non troveranno in fretta un lavoro.

Un problema che riguarda chi è nato qui, ma soprattutto chi è arrivato qui da piccolissimo. Così vuole la legge Bossi-Fini: un provvedimento che ha mobilitato la sinistra, i sindacati e le associazioni, contro cui è stata promossa la campagna “L’Italia sono anch’io” – tremila firme raccolte nella sola Bologna – e al quale si ribellano ora questi ragazzi. Chiedendo: “Cittadinanza subito, senza se e senza ma”.

Si faranno sentire – domani, giovedì 1 marzo – nella giornata dello sciopero dei migranti, mobilitando le scuole superiori con un corteo da piazza dell’Unità (ore 9) al Nettuno. Sono gli adolescenti del progetto “On the move”, nato dal Coordinamento migranti: si ritrovano ogni settimana per un laboratorio di hip hop al centro sociale Xm24 di via Fioravanti: on the move, appunto, generazione in movimento.
E da lì è nata l’idea della mobilitazione studentesca. Perché quel nome “2G”, immigrati di seconda generazione, a loro proprio non va giù: “Già è un’etichetta, e poi è sbagliata. Io sono nato qui, non sono un migrante”, spiega Mohannad che frequenta alla Fondazione Aldini la formazione professionale. “Non siamo secondi a nessuno”, ripetono. Mohamed, 14 anni, è iscritto all’istituto Majorana, suo fratello Moaz fa le medie. I loro genitori sono egiziani, entrambi laureati (ma il titolo di studio non vale più al passaggio delle frontiere), senza poter fare qui il lavoro per cui hanno studiato. Sono i loro figli a parlare. “Quello che mi fa arrabbiare è che se sei nato qui dovresti avere diritto alla cittadinanza, invece no. Io mi sento pienamente cittadino italiano, e non è certo per il colore della mia pelle che posso essere discriminato”, dice Mohamed. “Vivo qui e vivrò qui, quando vado in Egitto mi sento solo, non ho amici”. Capita anche a Mohannad di sentirsi “senza radici” quando va in Marocco. Con loro c’è anche Francesca, studentessa del Sabin. “Io sono bolognese, italiana. Ma sto con loro in questa battaglia che riguarda tanti miei amici, i miei compagni di scuola: non posso pensare di perderli quando saranno maggiorenni, lo trovo ingiusto. Io voglio cambiare un mondo che divide le persone in serie A e B”.

Questi ragazzi – a fine 2009, dicono i dati statistici del Comune, erano 5.529 gli stranieri nati in Italia e residenti a Bologna – hanno realizzato un video, che li mostra nella loro quotidianità, per sostenere la loro lotta. “C’è un numero che trasforma alcuni in cittadini, altri in clandestini: indovina quale?”, chiedono provocatoriamente gli studenti. Ovviamente, il 18. “Siamo preoccupati per quello che ci aspetterà quando avremo diciotto anni, con la crisi trovare lavoro è difficile. Tanti nelle nostre condizioni non sanno nemmeno di questa legge. E poi molti di noi vorrebbero anche continuare a studiare, invece no, i professori ma anche gli stessi genitori ti indirizzano al lavoro. Se lo trovi, hai sei mesi di tempo, dice la legge. Una legge ingiusta, che vogliamo abolire”, si sfogano. Anche perché, osserva Francesca: “Siamo noi, con loro, il futuro”.

(29 febbraio 2012)

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Shock Economy all’italiana – Lampedusa is burning

Radio inchiesta di Antonello Mangano in cui vengono ripercorsi alcuni dei momenti salienti dell’accoglienza italiana a seguito dello scoppio della rivoluzione in Tunisia e degli arrivi in massa di migranti su mezzi di fortuna al porto di Lampedusa. Il governo decreta lo stato di emergenza e delega pieni poteri alla Protezione Civile per la gestione del porblema.

“Un giro milionario che riguarda non solo la costruzione dei centri e la gestione della sicurezza ma tutta le gestione dei servizi: pasti e pulizia, mediazione, assistenza, sanità. Oltre all’affare dei trasferimenti, i progetti di monitoraggio, le procedure speciali come la requisizione. Mineo è il caso più evidente. “Il villaggio della solidarietà” è un residence della Piana di Catania. A febbraio, Maroni e Berlusconi decidono di spostare oltre mille richiedenti asilo dai centri di tutta Italia. Tutto si svolge con procedure d’emergenza”.

Ascolta la radio inchiesta

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Respingimenti in Libia, Corte di Strasburgo condanna l’Italia

‘Non rispettata Convenzione dei diritti umani, su trattamenti degradanti e tortura’

ROMA – Il verdetto della Corte europea dei diritti umani, che ha condannato l’Italia per i respingimenti verso la Libia attuati dal precedente Governo, è una sentenza che sancisce un pesante giudizio sul passato, come dimostrano le vibrate proteste dei ministri dell’esecutivo Berlusconi, ma condiziona anche il futuro, con l’attuale governo che assicura il rispetto dei diritti umani nei rapporti con la Libia e parla di “ripensamento” delle politiche migratorie italiane. Soddisfatte le organizzazioni umanitarie, che plaudono alla “svolta” e definiscono la sentenza una “pietra miliare”.

Di sentenza che peserà sulle scelte future parla subito il premier Mario Monti, mentre il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, annuncia che nei rapporti con la nuova dirigenza libica “ogni iniziativa intrapresa sarà improntata all’assoluto rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della vita degli uomini in mare”, aggiungendo però che “con altrettanta fermezza sarà contrastata l’immigrazione illegale, soprattutto quella che si manifesta attraverso la tratta delle persone”. Il collega di Governo Andrea Riccardi promette che “valuteremo con grande attenzione questa sentenza che ci farà pensare e ripensare alle nostre politiche sulle migrazioni”. “Vogliamo fare una politica chiara, trasparente e corretta sull’immigrazione, senza niente da nascondere” aggiunge il titolare dell’Integrazione.

Contro la Corte di Strasburgo interviene subito l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il cui partito, la Lega Nord, era stato il principale sponsor della politica dei respingimenti del Governo Berlusconi. Maroni parla di sentenza “politica” che “colpisce la linea di estremo rigore da noi adottata contro l’immigrazione clandestina e apre la strada all’immigrazione libera”. “I respingimenti – ha ricordato – sono stati fatti dalle autorità libiche e noi ci siamo limitati a prestare assistenza”. Dunque, ha proseguito, “si tratta di una pratica che io rifarei, anche perché ha contribuito a salvare molte vite umane, impedendo la partenza di barconi con migranti dalla Libia”. Gli fa eco l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa: “posso affermare con certezza che l’Italia si è sempre comportata correttamente e nel pieno rispetto dei diritti umani”, mentre l’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, chiede al Governo italiano “di impugnare la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo”.

“Se è vero quanto si legge nelle anticipazioni – aggiunge Mantovano – è una decisione che ha presupposti di fatto e di diritto inesatti, se non travisati. L’Italia non ha mai eseguito ‘espulsioni collettive’, non ha mai negato l’avvio della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiati a chi l’ha chiesta, nè ha mai negato lo status quando la domanda era fondata”. Le organizzazioni umanitarie, che con forza avevano in passato criticato la politica italiana dei respingimenti, ora plaudono alla sentenza di Strasburgo.

Costituisce “un’importante indicazione per gli stati europei circa la regolamentazione delle misure di controllo e intercettazione alla frontiera” afferma Laurens Jolles, rappresentante dell’Unhcr per il sud Europa, che si augura “che rappresenti un punto di svolta per ciò che riguarda le responsabilità degli Stati e la gestione dei flussi migratori”. Per Amnesty International si tratta di una “pietra miliare, perché rafforza e favorisce il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Europa e pone fine alle misure extraterritoriali di controllo delle migrazioni che non contemplano l’identificazione delle persone che gli stati sono invece obbligati a proteggere”.

Contenta si dice anche la Fondazione Migrantes della Cei: per il suo direttore, mons. Giancarlo Perego, la sentenza è un importante richiamo per la politica italiana e per l’Unione Europea in generale. Per un altro organismo di ispirazione cattolica, le Acli, si tratta di una “censura gravissima per il governo che commise quell’errore e per quelle forze politiche che non solo difesero ma si fecero vanto di quei respingimenti, condannati immediatamente da tutte le organizzazioni umanitarie”.

ANSA.it

 

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Da Manduria a Ventimiglia, la fabbrica dei clandestini

Il nuovo capitolo del documentario di TeleImmagini? proposto nella sezione “Fare Cinema a Bologna e in Emilia-Romagna” di Visioni Italiane

Da Manduria a Ventimiglia, la fabbrica dei clandestini

Nonostante l’oblio che i grandi mezzi di comunicazione hanno ormai fatto scendere sulla tematica, solo pochi mesi fa giornali e tv erano concentrati sulla cosiddetta “emergenza clandestini”.

Il progetto di TeleImmagini? dal titolo “La Fabbrica dei Clandestini” si propone – per ora in due capitoli – di fare il punto della situazione e di cercare un maggior grado di comprensione di quanto avvenuto.

La prima parte è dedicata al campo di Manduria, in Puglia, di cui i tg si sono occupati per qualche tempo parlando (quasi) solo delle fughe e della caccia all’immigrato che alcuni avevano organizzato nelle campagne limitrofe. Le telecamere degli autori del documentario vanno invece a far parlare direttamente i protagonisti, quegli immigrati sballottati come animali per l’Italia senza alcuna spiegazione e poi infilati in un campo-base che ricorda (parallelo sottolineato nel filmato) quelli tristemente noti per il terremoto in Abruzzo.

Manduria doveva essere però solo una prima tappa di un percorso che doveva portare i clandestini nella loro “terra promessa”, la Francia: snodo naturale è diventata quindi la città frontaliera di Ventimiglia, in Liguria, palcoscenico della seconda parte del progetto.
La Francia decise proprio in quell’occasione di bloccare la frontiera, facendo crescere la tensione in una città che dall’essere semplicemente di passaggio stava diventando rifugio. “La Fabbrica dei Clandestini” anche in questo secondo caso approfondisce quanto avvenuto in quei giorni, con uno sciopero della fame indetto dagli immigrati, supportati da attivisti e da associazioni solidali ma ignorati dai media.
Un percorso che si è interrotto improvvisamente, quando il 6 giugno 2011 il centro di accoglienza di Ventimiglia chiuse i battenti, lasciando al proprio destino tutti coloro che erano rimasti senza permesso di soggiorno.

Per non dimenticare, per continuare a domandarsi, per non fermarsi davanti alla fine di un servizio del tg.

22/02/2012, 23:30

Carlo Griseri

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Carabinieri gettavano stranieri nel fiume, trovato morto un marocchino

Maggio 2011. Un cadavere di un 25enne marocchino emerge dalle acque del fiume Frassine, a Montagnana nel Veneto.  Iniziano le indagini e le accuse ricadono su 4 militari che da tempo punivano gli immigrati ubriachi buttandoli nel fiume. Le vittime predilette erano un gruppo di marocchini senza fissa dimora che trovati ubriachi in giro per il Paese, a volte anche in atteggiamenti violenti, venivano prelevati e senza passare per la caserma, venivano obbligati a gettarsi nelle acque. Questi trattamenti speciali sono continuati per circa un anno finché il corpo di Abderrahman Salhi, il 25enne del Marocco, non è emerso dal fiume Frassine.

I carabinieri hanno affermato di non aver ucciso il giovane, una tesi avvalorata anche dalla relazione del medico legale Massimo Montisci, il quale ha detto che la data della morte non coincide con il 15 maggio. Ma le gravi accuse a carico dei carabinieri restano: sequestro di persona, violenza privata, omissione di atti d’ufficio.  La procura di Padova ha chiuso le indagini attribuendo ai militari sei casi di tuffo nel fiume, denunciati anche dagli altri stranieri.  I primi risalgono all’estate del 2010 e a farne le spese sono un immigrato noto come il “Monaco”, buttato nelle acque per ben due volte, e il suo connazionale “Fragolino”. Nel maggio 2011 “Fragolino” è di nuovo costretto a immergersi nel Frassine e ad aprile tocca a Abderrahman. Non si sa cosa sia accaduto realmente quel giorno,  la cosa certa è che il procedimento penale per omicidio colposo è sulla strada dell’archiviazione.

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ASSEMBLEA SABATO 19 FEBBRAIO ORE 16,30 – CENTRO KATIA BERTASI, VIA FIORAVANTI 22 A BOLOGNA

Dall’insediamento del governo Monti, si dicono tante cose sulla possibilità di concedere la cittadinanza ai figli dei migranti nati in Italia, sull’eventualità di allungare il permesso di soggiorno per ricerca lavoro, sull’intenzione di rivedere la tassa sul rinnovo del permesso di soggiorno, che era stata approvata con il pacchetto sicurezza del ministro Maroni. Per ora sono solo affermazioni a mezzo stampa che lasciano i migranti in una situazione di incertezza e di speranza. Avere la cittadinanza per chi è nato in Italia sarebbe una conquista perché eviterebbe ai loro figli di sottostare al ricatto del contratto di soggiorno per lavoro o l’iscrizione universitaria per il permesso di studio. Nell’attuale contesto di crisi economica, avere un permesso di soggiorno per ricerca lavoro della durata di un anno – anziché sei mesi – darebbe una boccata di ossigeno. La tassa sul permesso di soggiorno, qualsiasi sarà la cifra decisa dal governo, andrà comunque a sommasi ai 30 euro che oggi dobbiamo pagare alle Poste: 30 euro a una società privata solo per consegnare la domanda!! Ma perché ancora una volta si chiede ai migranti di pagare qualcosa in più delle manovre che già colpiscono tutti?

Nonostante le diverse dichiarazioni dei ministri, però, niente di tutto questo è certo. Quello che è sicuro è che il razzismo istituzionale non è scomparso, e la legge Bossi-Fini continua ad operare come una grande fabbrica di clandestinità e di precarietà. Anzi, il contratto di soggiorno per lavoro agisce con maggiore forza nella crisi economica perché impone di accettare salari e condizioni di lavoro sempre peggiori, produce maggiore precarietà nel lavoro e nell’esistenza: oltre al lavoro e alla casa (in affitto o con un mutuo), molti migranti hanno perso anche il permesso o rischiano di perderlo, molte donne con permessso di soggiorno di ricongiungimento familiare sono dovute tornare con i loro figli nel paese di provenienza perché il reddito non era sufficiente. Chi ha finito o sta per finire le scuole superiori si trova di fronte ad una legge che produce solo ricatti: sul lavoro, nello studio, in famiglia!

Questo succede sulla pelle dei migranti, ma rende tutti più precari e insicuri!

In questa situazione dobbiamo prendere nuovamente parola, perché questi anni ci hanno insegnato che non ci saranno miglioramenti importanti senza il protagonismo dei migranti: se con questo governo ci sono delle possibilità di migliorare, siamo noi che dobbiamo farle diventare realtà; se partiti, sindacati e associazioni pensano che siano sufficienti piccoli cambiamenti, siamo noi che dobbiamo farci sentire, per dire che pretendiamo che lottino finalmente con noi contro tutto il razzismo istituzionale.

Per questo vi invitiamo a discutere e affrontare insieme i problemi e decidere le prossime iniziative verso la data del primo marzo, il giorno che gli scorsi due anni ha visto migranti e italiani per la prima volta uniti nello sciopero contro la legge Bossi-Fini.

Contro il razzismo istituzionale
Per i diritti e la libertà di tutti e di tutte

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Tassa sul permesso di soggiorno, fino a 200 euro per il rilascio

L’ultimo regalino di Tremonti e Maroni prima di lasciare il palco al governo Monti? Una tassa sul permesso di soggiorno. Chi chiede il rilascio o il rinnovo del documento deve pagare infatti dagli 80 ai 200 euro (ovviamente in aggiunta alle spese amministrative già a carico degli stranieri residenti in Italia). Il decreto del 6 ottobre 2011, contenente il “Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso  di  soggiorno”, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 31 dicembre scorso.

La tassa varia a seconda del tipo di permesso richiesto:

a) Euro 80,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore  a tre mesi e inferiore o pari a un anno;

b)
 Euro 100,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni;

c)
 Euro 200,00 per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo”. La nuova tassa scatterà il 30 gennaio prossimo e non si applicherà ai richiedenti asilo.

Con i soldi recuperati lo Stato vuole irrobustire il Fondo rimpatri, “finalizzato a finanziare  le  spese connesse  al  rimpatrio  dei  cittadini  stranieri  rintracciati  in posizione irregolare sul  territorio  nazionale  verso  il  Paese  di origine”, e finanziare le attività di “ordine pubblico e sicurezza” del dipartimento della Pubblica sicurezza e le attività di accoglienza di competenza del Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione.

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Flussi 2011/2012: Come fare per entrare nelle quote del decreto flussi ?

Non è mia intenzione favorire in alcun modo questa società, di cui si parla di seguito,  che aiuta i migranti a compilare i moduli per entrare nella quota flussi. Non conosco il loro operato e non posso garantire sulle loro finalità. Mio unico obbiettivo è informare sull’incalzante possibilità che presto vengano riaperte le lotterie per giocare a farsi dare un permeso di soggiorno e di lavoro. Pronti a cliccare??
Flussi 2011/2012: consigli utili per entrare nelle quote
Dato che non  sono stati emanati nuovi decreti flussi tutti gli anni, anche per l’ anno 2010/2011,la situazione non è migliorata, ed ancora una volta è stato registrato, purtroppo,un numero elevato di richieste di nulla osta rispetto ai posti stabiliti.
Visto che :
  1. Le domande per i Flussi 2011/2012 vengono inviate completamente tramite complicate procedure telematiche.
  2. Le domande si fanno tramite internet con una procedura che funziona come una “gara a tempo”: chi arriva prima ( entro i primi secondi dall’ora stabilita) prende il nulla osta e di conseguenza il permesso di soggiorno, chi arriva dopo l’esaurimento della “quota” si vede rifiutare la domanda anche se la ha inviata all’ora stabilita, ed è in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge.
  3. Le quote si esauriscono nel giro di pochi secondi, e le domande presentate sono quattro o cinque volte superiori rispetto ai posti messi a disposizione.
  4. Il meccanismo funziona con un enorme sovraffollamento di domande nell’arco di pochissimi secondi, e se le procedure d’invio della domanda flussi funzionano come l’ultima volta (2010/2011) è probabile che sia necessario inviarle esclusivamente dal medesimo computer sul quale verrà effettuata la compilazione del modulo.
Flussi 2011/2012:Perchè affidarsi alla Help Service? Che vantaggi mi offre l’agenzia?
Al fine di evitare problematiche di tempistica o errata compilazione, ed assicurarti la certezza di essere il pimo collegato con il sito del Ministero per inoltrare il modulo di richiesta di nulla osta, e non venire secondo a nessuno:
  1. L’agenzia Help service ti offre l’assistenza necessaria per la compilazione del modulo e l’invio telematico dello stesso.
    Come già abbiamo fatto con grande successo nel 2007 e nel 2010/2011, grazie all’efficacia del metodo da noi applicato, tutte le domande da noi preparate per i nostri clienti, sono state ricevute dal sistema del sito internet del ministero, entro i primi secondi, rientrando nelle quote previste.
Come fare per assicurarti di essere il primo ad inoltrare la domanda flussi? Come fare in Agenzia?
E’ importante ricordare che, la tempistica nell’invio della domanda, già correttamente compilata, contribuisce al successo permettendo di rientrare nelle poche quote disponibili, ciò può avvenire solo ed esclusivamente se la domanda viene compilata ed inoltrata come prima o meglio ancora come unica, sul tuo computer, nell’orario stabilito.
Dato che non è possibile per la Help Service avere un computer per inviare ogni singola domanda da un pc diverso, ci impegnamo a seguire l’intera procedura in modi diversi.
  • Compiliamo per te direttamente la domanda flussi sul tuo pc ( di casa o dell’ufficio), lasciando a te solo il compito di premere il tasto invio nell’ora del giorno stabilito dal decreto flussi.
  • Compiliamo direttamente la domanda flussi sul tuo pc portatile ,presso la nostra agenzia.
  • A prescindere dal luogo o dalla città dove ti trovi, compiliamo per te il modulo direttamente sul tuo pc (di casa o dell’ufficio, in remoto) a distanza , senza installare nessun programma , il tutto nel rispetto della privacy, utilizzando programmi di controllo remoto affidabili e sicuri (clicca qui per vedere come funziona)e resta a te soltanto premere il tasto invio nell’ora del giorno stabilito, senza fare nient’altro.

FLUSSI 2011 / 2012 COME FARE IN HELP SERVICE QUANTO COSTA ?

L’esperienza maturata negli anni ha permesso alla nostra Agenzia di acquisire gli elementi necessari a fornire un servizio più qualificato e completo nell’espletamento delle pratiche sui flussi d’ingresso.
Le quote del decreto flussi messe a disposizione dal Ministero sono una piccolissima percentuale rispetto alle migliaia di stranieri che, ogni anno, ripongono nei flussi la speranza di ottenere un permesso di soggiorno, nel nostro Paese.
Per rientrare in quelle pochissime quote messe a disposizione dal Ministero, colui che predispone la domanda di nulla osta, deve essere il più veloce nel compilare ed inviare il modulo, dalla data e dall’ora di invio decisa dal Ministero.
L’Agenzia Help Service per garantire ai propri clienti di primeggiare, compila direttamente per voi la domanda di nulla osta, sul vostro computer ( di casa o dell’ufficio, anche in remoto). A voi spetta soltanto il compito e la responsabilità di premere il tasto invio dal vostro pc,il giorno del click day, senza fare altro, in quanto sarà l’Agenzia ad occuparsi di tutti i preparativi precedenti all’invio.

In quale giorno sarà inviato il modulo flussi 2011/2012 ?

Ad oggi il Ministero non ha emanato il decreto flussi, quindi non è ancora stata stabilita la data del click day, giorno di invio delle domande flussi, ma seguendo l’esempio dei precedenti decreti flussi, possiamo già aspettarci che la suddivisione dei giorni sarà così fatta:

1°Giorno d’ invio per tutti i lavoratori  provenienti dai paesi convenzionati.
2°Giorno d’ invio per lavori domestici, colf e badanti  provenienti da paesi non convenzionati.
3°Giorno d’ invio per tutti i restanti lavoratori.

Quanto costerà fare i prossimi flussi 2011 / 2012 in Agenzia Help service?

-Parcella Agenzia per registrazione e compilazione della domanda sul sito del Ministero: 200,00 euro
N.B. Clicca qui per compilare il modulo di prenotazione della domanda flussi (non verrà accettato nessun pagamento fino a quando non sarà emanato il decreto flussi )
Ricordiamo inoltre , dell’importo che verrà da voi pagato, nulla andrà al ministero.
Il ministero richiede solamente gli estremi della marca da bollo telematica da 14,62 euro, che verrà successivamente da voi presentata allo Sportello Unico dell’Immigrazione, il giorno in cui sarete convocati.
Il pagamento dei 200 ,00 euro riguarda esclusivamente i diritti di agenzia (parcella) e non comprende nessuna voce di spesa dovuta ad Enti e /o Istituzioni.
L’incarico dell’Agenzia Help Service termina con l’installazione della pratica sul vostro computer e con la predisposizione di quanto necessario per mettervi in condizione di premere soltanto il tasto di invio il giorno stabilito dal decreto flussi .
Una volta compilata la domanda di nulla osta sul vostro pc, resta a voi personalmente il compito e la responsabilità di premere il tasto INVIO.

FLUSSI 2011/2012: Che documenti dovrò presentare in agenzia?

 Dall’esperienza maturata negli anni precedenti possiamo stabilire che i documenti necessari saranno:

Clicca qui per i documenti necessari Flussi 2011/2012, Badanti

Clicca qui per i documenti necessari Flussi 2011/2012, Lavoro Domestico

Clicca qui per i documenti necessari Flussi 2011/2012, Lavoro Subordinato

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Permesso a punti, parte da marzo per i nuovi ingressi.

L’accordo è valevole due anni, rinnovabile per un altro anno – E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 novembre 2011 il Decreto del Presidente della Repubblica n. 179 del 14 settembre 2011 che riguarda il nuovo permesso di soggiorno a punti e l’accordo di integrazione che riguarda esclusivamente i cittadini extracomunitari che devono ancora entrare in Italia.
I primi segnali erano stati dati lo scorso luglio, quando furono definite le linee guida del decreto. Adesso si passa alla fase esecutiva, che entrerà in vigore dopo quattro mesi a partire dalla sua pubblicazione, e quindi il prossimo marzo 2012.

L’accordo d’integrazione riguarda gli stranieri di eta’ superiore ai sedici anni e che presentano istanza di rilascio del permesso di soggiorno, ai  sensi dell’articolo 5 del testo unico, di durata non inferiore a un anno.

La domanda dovrà essere corredata dall’Accordo di Integrazione che sarà firmato dallo straniero presso lo sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente. Nel caso di giovane minorenne, dovrà essere anche firmato dai genitori o dagli esercenti la potestà genitoriale e, in ogni caso, dovrà essere tradotto in una lingua da lui indicata.

L’accordo prevede allo startup 16 crediti che corrisponde ad un livello A1 di conoscenza dell’italiano. Entro due anni lo straniero si impegna a raggiungere un livello di conoscenza dell’italiano pari ad A2, ad acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione italiana e, più in generale, ad integrarsi all’interno del tessuto economico-sociale del nostro Paese.

Attenzione: i crediti possono anche diminuire nel caso, ad esempio, di provvedimenti giudiziari di condanna e alle misure di sicurezza personali.

Un mese prima dei due anni dell’Accordo di Integrazione, lo Sportello Unico per l’Immigrazione esamina la documentazione presentata dallo straniero (crediti formativi, partecipazioni ai corsi, etc..). Quindi c’è da sostenere un test a cui vengono dati dei punteggi: da 30 punti in su, lo straniero può permanere sul territorio italiano perchè ha rispettato l’accordo; nel caso di punteggio da uno a ventinove, è possibile rinnovare di un altro anno l’Accordo d’Integrazione; con zero punti o meno, lo straniero viene espulso in maniera immediata.

Comunque c’è sempre tempo per prepararsi. I nuovi cittadini extracomunitari che sottoscriveranno l’accordo saranno quelli che entreranno dal 10 marzo 2012.

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IL GIOVANE SLAVO CHE VOLEVA VIVERE SU UNA STELLA DELLA BANDIERA BLU

C’era una volta un giovane migrante, aitante e bello, in ottima salute e anche un pò militante, nato in Unione Europea.
Il giovane, per ragioni di guerra e politica internazionale di un decennio fa, si ritrova ad essere cittadino Croato, senza aver mai visto la Croazia che vuole trasferirsi in Italia.
Coraggioso e impavido, verrebbe da chiedersi o ambizioso e audace?
Essendo nato nella splendida terra degli Asburgo il giovane cittadino del mondo è sempre stato abituato a dipendere da un permesso di soggiorno valido a vita sul territorio nazionale ed un permesso di lavoro, invece da rinnovare ogni 5 anni ad un costo di 10 o 12 decine di euro.
Onesto no? Poco più di 20 euro all’anno per acquistare il suo diritto al lavoro in uno stato che gli ha dato il natale, che gli ha permesso di studiare e alla tua famiglia di stanziarsi, ma che in realtà non lo riconoscerà mai come proprio figlio o cittadino.
Certo che con un background da migrante è proprio da idealisti sognare una certa mobilità nella comunità europea, quella della bandiera blu con tutte le stelle che sventolano un futuro di integrazione e valori sociali, sugli sfondi bianchi dei cataloghi negli scaffali degli uffici di relazioni interculturale giovanili.
Diritto divino di nascita, su una di quelle stelle; questa è la democrazia che regola la mobilità giovanile in Europa.
Certo che il nostro baldo slavo poteva trovare una fanciulla tedesca o inglese invece che italiana, poteva accontentarsi di parlare quattro lingue invece che imparare la quinta.
Invece no, perché lui è il principe coraggioso, ardito e forte e segue la sua amata, cerca lavoro, si fa sfruttare in nero e poi vuole trovare il modo di essere un cittadino regolare in questo bel paese di integrazione col ministro degli interni leghista.
Sborsando di nuovo 17 decine di euro l’Austria gli rilascia un bel permesso di soggiorno a lungo periodo CE; ragione: FREIER ZUGANG ZUM ARBEITSMARKT.
Che ridere!! Esilaranti queste istituzioni che rilasciano certi tipo di documento! Libero accesso al mercato del lavoro, sarà uno scherzo, una cosa qualunque da scrivere su una bella targhetta colorata che fa sempre piacere portare nel portafoglio…a qualcosa servirà, prima o poi sicuro. Forse a tritare il sale…
Ma il giovane non si arrende e, sentito dire che qualcuno che desideri farti un contratto possa aiutare, trova lavoro in men che non si dica. Finalmente, lavoro legale e ben retribuito.
“Basta andare all’Ufficio immigrazione”, dice la questura, “e farsi rilasciare qualcosa che certifichi l’happy end”.
Ma come ogni storia che si rispetti ci vuole un colpo di scena. Deus ex machina.
Il giovane che voleva vivere sulla stella della bandiera blu assieme alla sua pulzella, deve prima di tutto imparare a giocare a ping pong se vuole vivere in Italia.
A pingo pong?? Eh si perché ora alla questura gli dicono che deve tornare alla Prefettura e farsi dare il Nulla Osta, anche se “non è certo il momento più giusto per lavorare in Italia” conclude il funzionario in servizio.
A cavallo delle sue scarpe da ginnastica il giovane torna alla Prefettura (e qui mi viene in mente quello delle storie tese quando diceva “terra dei cachi”) dove invece sostengono che non serve il Nulla Osta, perché il permesso di soggiorno CE c’è già e solo all’Ufficio Immigrazione possono sapere cosa fare.
⁃ Eccolo qui di nuovo, ancora sorridente e speranzoso, mentre scopre che innanzi tutto, imparate le basi del nuovo sport, gli serve una dichiarazione di presenza. Un foglio bianco scritto a penna dalla sua amata che auto-certifichi dove loro vivono. Forse questa funzionaria, cuore di mamma, ha pena le sorti del giovane slavo e decide di chiamare direttamente la Prefettura, pensando di scoprire di più attraverso il canale interno.
Alle volte è bello sentirsi aiutati, trovare qualcuno che ti dice “provo a fare qualcosa per te, visto che questo è il mio lavoro, la ragione per cui i cittadini di questo stato mi pagano lo stipendio”, invece di “non posso fare nulla, non c’è soluzione, torna al tuo paese se ce l’hai e non provare a sentirti senza nazione solo perché sei nato migrante”.
Un sospiro di sollievo, che si trasforma prima in una apnea, poi in un sussulto viscerale e alla fine in un contorcimento di emozioni e corpo.
Finalmente la sentenza della gentile funzionaria è indetta : anche se hai diritto di essere qui, di lavorare qui e vivere la vita che vuoi su questa stella, caro slavo, a seguito dei flussi di migrazione causati dalle primavere e rivoluzioni del Magreb il nostro amato ministro leghista ha bloccato, a tempo indeterminato, tutti i flussi di immigrazione straniera modificando il Testo Unico sull’immigrazione 286/98 con l’art.9 tre.
Ti prego ministro fa che i Visitors non rientrino in questa fascia, io che sono Italiana, voglio andare sulla nave madre.

Mafalda

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Fratelli Tunisini. Lo speciale di Presa Diretta

La rivoluzione in Tunisia, l’Europa che foraggiava il dittatore Ben Ali, anche con i fondi della cooperazione internazionale, e che oggi abbandona la giovane democrazia appena uscita dalle elezioni. Il sogno dei ragazzi partiti su una barca per l’Italia con l’idea di riscattarsi, e la disillusione dei tanti di loro che alla fine hanno deciso di tornare a casa. La disperazione dei genitori dei dispersi in mare, e la loro ricerca nei centri di identificazione e espulsione di mezza Italia. E infine le immagini dei pestaggi di Lampedusa del 20 settembre. Tutto questo nell’ultima puntata di Presa Diretta: Fratelli Tunisini. Ieri sera, 8 gennaio 2012, su Rai Tre l’hanno vista due milioni e mezzo di telespettatori, circa l’8,6% dello share. E da oggi è disponibile anche online. Il video integrale della puntata si può scaricare dall’archivio della Rai cliccando sull’hiperlink qui sotto. Passaparola.


FRATELLI TUNISINI

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Monti: prematuro dire no ai respingimenti

Mancano ormai poche settimane alla sentenza della Corte Europea dei diritti umani (Cedu) chiamata a giudicare l’Italia per il respingimento in Libia di 24 rifugiati politici eritrei e somali nel maggio 2009. Da due anni in molti si chiedono se una condanna della Cedu sara’ sufficiente a far cambiare le politiche italiane ed europee nel Mediterraneo. Una prima risposta c’e’ gia’ ed e’ delle peggiori. Me l’ha data il primo ministro italiano Mario Monti ieri mattina a Tripoli, durante la conferenza stampa con il capo del governo libico Al Kibb. “Mi sembra prematuro ipotizzare qualsiasi tipo di cambiamento delle politiche italiane di contrasto all’immigrazione clandestina, tuttavia il rispetto dei diritti umani rimane una priorita’ del governo italiano”. Un elegante giro di parole per dire che il nuovo corso delle politiche italiane in frontiera seguira’ il solco scavato dai Maroni e dai Berlusconi, e prima di loro dai Prodi e dagli Amato. Finita la guerra in Libia, l’Italia continuera’ a respingere in Libia le persone fermate in acque internazionali. E Finmeccanica riprendera’ quanto prima la costruzione del sistema elettronico di sorveglianza delle frontiere sud della Libia. Per adesso le traversate del Canale di Sicilia sono ferme da agosto, da quando con la liberazione di Tripoli hanno smesso di operare le milizie di Gheddafi che si occupavano degli imbarchi. Tuttavia la settimana scorsa un gruppo di circa 200 somali ha preso il largo da un tratto di costa tra Khums e Misrata, compresi 55 dispersi in mare in un naufragio. E’ il segno che le partenze per l’Italia potrebbero ricominciare. E con esse i respingimenti verso la Libia. Il che desta la massima preoccupazione anche nella Libia del post dittatura.

Poco importa se la Libia di oggi e’ decisamente migliore della Libia di Gheddafi, e si avvia alla costruzione di un solido stato di diritto. E poco importa se la maggior parte dei giovani che tentano di raggiungere Lampedusa non sono rifugiati politici ma ragazzi come noi in cerca di un futuro migliore. Perche’ se anche un giorno gli standard di detenzione in Libia superassero quelli italiani, e se anche un giorno a bordo di quelle barche non ci fosse nemmeno un rifugiato, i respingimenti in mare rimarrebbero comunque una pratica da condannare.

Perche’ nel villaggio globale del 2012, dove mobilita’ significa potere e identita’, l’ipotesi della criminalizzazione della circolazione nel pianeta e’ quasi blasfema. La liberta’ personale e’ un diritto inviolabile, di cui non si puo’ essere privati se non per aver commesso dei reati penali. E viaggiare non e’ e non puo’ essere un reato. Viaggiare non e’ una concessione che i potenti possono fare ai piu’ disperati in nome del loro spirito caritatevole e in memoria di vecchie carte di diritto sepolte sotto la polvere. Non serve essere stati torturati in carcere o fuggire da una guerra per avere diritto a spostare piu’ in la’ il proprio sguardo. A maggiore ragione in un mondo globalizzato. Soprattutto visto che la liberta’ di circolazione, dove applicata ha dato ottimi risultati.

Parlo dell’esperienza con l’Europa orientale. L’Unione europea ha eliminato i visti e liberalizzato la circolazione con i cittadini di Romania, Polonia, Bulgaria, Slovacchia, Montenegro, Albania… Perche’ non fare altrettanto con i paesi del sud? Se i governi europei cercano soluzioni, sperimentino nuove forme di mobilita’ attraverso la semplificazione dei visti e il sostegno della mobilita’ anche con i paesi mediterranei e africani, anziche’ continuando a finanziare nuove galere dove arrestare chi prova a cercare se stesso oltre il proprio orizzonte.

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Mare chiuso. Un nuovo film contro i respingimenti

Dopo Come un uomo sulla terra, il nuovo film di Andrea Segre, questa volta in coppia con Stefano Liberti. Il tema e’ lo stesso. I respingimenti in alto mare verso la Libia effettuati nel 2009 dal governo italiano. Due anni dopo, la guerra in Libia ha sospeso le operazioni della Marina militare italiana e allo stesso tempo ha spinto decine di migliaia di lavoratori africani a lasciare la Libia cercando rifugio nei paesi vicini. Andrea e Stefano hanno cominciato da li’. Dai campi profughi allestiti dall’Unhcr in Tunisia. E sono andati a cercare i respinti. Per raccontare come la politica italiana abbia segnato la loro vita. Tra carcere, violenze, fughe, ma anche tenacia e speranza. Quella di chi ce l’ha fatta nonostante tutto. E quella di tutti noi che attendiamo con ansia la pronuncia della Corte europea dei diritti umani proprio sui respingimenti del 2009. La sentenza e’ attesa per meta’ marzo. Il film uscira’ subito dopo. La prima e’ annunciata per il 20 marzo. Questo e’ il trailer. Iniziamo a farlo girare. Per prenotare una proiezione, scrivete a distribuzione@zalab.org

MARE CHIUSO

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Amnesty International

10 gennaio 2012

E’ destinata a noi tutti, che mai avremmo potuto prevederla o sospettarla, l’allarmante verità rivelata dai migliori amici dell’umanità: il bilancio della Primavera Araba all’inizio del 2012 nel Nord Africa è deludente. In Tunisia sul piano dei diritti umani le cose procedono ancora lentamente; in Libia procedono più o meno come prima, e le nuove autorità non sembrano in grado di impedire una replica delle violazioni dei diritti umani tipiche del vecchio sistema di potere; in Egitto il Consiglio Supremo delle Forze Armate al potere si è reso responsabile di abusi persino peggiori di quelli dell’epoca di Mubarak. Insomma, le rivoluzioni si sono rivelate mezze rivoluzioni. Rivoluzioni tradite. Bisogna perciò che le potenze internazionali e i governi della regione le portino a compimento. Fino in fondo. Sono completamente d’accordo. E aggiungo: è da troppo tempo ormai che non si vede più la ghigliottina sfoderare tutta la sua democratica, liberatrice, livellatrice, fraterna, e geometrica potenza.

 

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Immigrazione: Presidenza Ue,politica comune asilo entro 2012

Obiettivo prioritario per danesi, alla guida primo semestre.

– BRUXELLES, 09 GEN – Armonizzare le politiche di asilo fra i 27 e stimolare la solidarieta’ a livello Ue sul fronte immigrazione entro il 2012: sono questi gli obiettivi del sistema comune di asilo europeo, fra le priorita’ d’azione della nuova presidenza di turno dell’Ue, guidata dalla Danimarca.

Copenaghen lo afferma chiaramente nel suo programma di lavoro per i primi sei mesi dell’anno: ”la presidenza danese cerchera’ di portare i negoziati e le leggi del pacchetto sull’asilo il piu’ avanti possibile”. Lo scopo della Danimarca e’ quello di mantenere l’impegno degli Stati membri e riuscire a ”finalizzare il sistema di asilo comune europeo entro la fine del 2012”. Sotto la presidenza danese proseguira’ inoltre il lavoro per prevenire e combattere l’immigrazione illegale, rafforzare il sistema di Schengen e l’efficienza dei controlli ai confini esterni dell’Ue. Le politiche sui visti e sui rimpatri, scrive la nuova presidenza di turno dei 27 ”saranno gli elementi chiave di una politica su asilo e immigrazione ben gestita, nel rispetto della dignita’ umana”. (ANSAmed)

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Accoglienza migranti, la rete gestita dalla Protezione civile costa 700 milioni nel 2011

Viene finanziata con l’aumento delle accise sulla benzina. Oltre 22 mila i profughi ospitati con quote ripartite fra le Regioni. Emergenza prorogata di un altro anno. Pria: “Ripercussioni per i prossimi due anni”

 

ROMA – La rete di accoglienza straordinaria con le Regioni gestita attraverso la Protezione Civile con l’emergenza profughi dal Nord Africa costa per il 2011 un totale di 700 milioni di euro finanziati con il sistema dei fondi per le emergenze, vale a dire con l’aumento delle accise sui carburanti. Di questa cifra, 500 milioni sono già stati stanziati e il resto deve ancora arrivare. Sono i numeri forniti da Fabrizio Curcio, direttore generale per la Gestione delle emergenze alla Protezione Civile, nel corso del suo intervento alla presentazione del Rapporto annuale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) 2010 – 2011.

L’emergenza Nord Africa, inizialmente stabilita con decreto del presidente del Consiglio, l’ex premier Silvio Berlusconi, fino al 31 dicembre prossimo, è stata ulteriormente prorogata di un altro anno, fino al termine del 2012, da un altro decreto del 6 ottobre scorso. “Questo piano di accoglienza dei migranti con la Protezione Civile che nasce dall’intesa con gli enti locali, è indubbiamente un’accoglienza diversa dal sistema Sprar che è collaudato nel corso degli anni” afferma il prefetto Angela Pria, capo dipartimento per Le libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno. “Sono convinta che dobbiamo fare di più – continua – Il rapporto Caritas lo pone come una terza via rispetto a quelle che noi conoscevamo (Cara e Sprar, ndr.). Vista la proroga dell’emergenza a tutto il 2012 dobbiamo fare in modo di non essere impreparati, questo lo dico a proposito di una notazione fatta dal rapporto Caritas che immagina e prevede una ripercussione nel nostro Paese per i prossimi due anni”.

Non sono ancora disponibili i 9 milioni di euro previsti lo scorso 21 settembre per ampliare la ricettività dei posti Sprar. “Ne avremo la disponibilità all’inizio del 2012 – spiega Pria parlando delle risorse a disposizione – A seguito dei tagli, il mio dipartimento ha avuto un abbattimento di 90 milioni di euro, ma con una riprogrammazione del fondo europeo per i rifugiati, risorse straordinarie che l’Europa ci ha dato, abbiamo programmato un aiuto per le commissioni territoriali che esaminano le domande d’asilo e hanno bisogno di interpreti e mediatori culturali.Con i tempi lunghi, molti richiedenti abbandonano e non aspettano l’esito della commissione che si pronuncerà sulla loro richiesta. La conversione dei permessi di soggiorno umanitario è un’altra possibilità. Credo faremo di più, sempre che le risorse ci facciano andare avanti”.

Secondo il prefetto “bisogna inoltre monitorare perché ci sono tante fughe fra i minori, certo c’è la voglia di indipendenza che i giovani manifestano, molti arrivano già con una meta e numeri di cellulari da contattare, vogliono raggiungere parenti. Questo va benissimo purchè non vadano a finire nelle mani di organizzazioni criminali”.

Il piano di accoglienza per i migranti attuato con l’emergenza è “encomiabile” secondo Riccardo Clerici, responsabile progetto Praesidium, Unhcr. “Questo perché è stata data una risposta unitaria fra governo, ministeri, regioni e società civile- spiega – Con l’intervento di protezione civile c’è stata una svolta logistica per il trasferimento delle persone che arrivavano a Lampedusa. Sono stati accolti            oltre mille progetti in 900 comuni. Le proporzioni sono sette –otto volte le dimensioni dello Sprar che lavora da oltre dieci anni”. A fine luglio la Protezione civile ha creato un gruppo monitoraggio e assistenza (Gma) da cui emergono i problemi di questa rete di accoglienza. “C’è un’eterogeneità delle convenzioni regionali, è consigliabile un coordinamento nella fase di conversione delle convenzioni – continua Clerici – il monitoraggio dei soggetti attuatori deve essere rafforzato per l’effettivo godimento del diritto all’accoglienza per tutte le persone ospitate”. Questi i risultati del monitoraggio, riportati dal responsabile di Praesidium: “In più della metà dei casi, i servizi alla persona, come l’informativa legale, non sono erogati, c’è poi una fascia di progetti critici che abbiamo segnalato e una fascia legata allo Sprar di progetti virtuosi già proiettati all’integrazione”. Il piano ha dato accoglienza in breve tempo a un grosso numero di persone, buone prassi stanno nascendo sui territori, sono essenziali cabine di regia. (raffaella cosentino)

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ACCESSO NEGATO ALLE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE A 150 MIGRANTI SBARCATI A BARI

ROMA- 25 ottobre 2011 – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e Save the Children – che dal 2006 operano come partner nell’ambito del progetto Praesidium finanziato dal Ministero dell’Interno – esprimono la propria viva preoccupazione per non aver potuto incontrare i 150 migranti sbarcati a Bari dopo essere stati intercettati a largo delle coste pugliesi. Di questi infatti, 71 sono stati rimpatriati senza alcun contatto con le organizzazioni partner, le quali avevano richiesto di poter incontrare i migranti a conclusione delle attività ispettive e di identificazione, prima che fossero adottati provvedimenti sul loro status giuridico ed eventuali misure di allontanamento dal territorio italiano.
Tale richiesta era finalizzata all’individuazione di soggetti particolarmente vulnerabili, come minori erroneamente riconosciuti maggiorenni o richiedenti protezione internazionale.
La situazione risulta inoltre particolarmente grave considerando che, in base alle testimonianze rese da cinque migranti non rimpatriati e trasferiti nel CIE di Bari, la quasi totalità del gruppo sembrerebbe appartenere alla minoranza copta.
Non è la prima volta che accadono episodi di questo genere. Nel corso dell’ultimo anno, alle organizzazioni del progetto Praesidium è stato sistematicamente negato l’accesso ai migranti provenienti dall’Egitto che sbarcano in Puglia, Calabria e Sicilia. In tali casi il divieto è stato motivato con esigenze legate alle indagini e alle procedure d’identificazione. Di fatto però, l’accesso non è mai stato consentito neanche a conclusione delle suddette attività. Tali esigenze non sono invece mai state sollevate a Lampedusa dove, nel corso dell’anno, sono stati registrati oltre 50.000 arrivi.
L’UNHCR, l’OIM, e Save the Children operano in Puglia  nell’ambito del progetto Praesidium, con l’obiettivo di fornire informazioni e orientamento a coloro che arrivano via mare, individuare gruppi vulnerabili quali richiedenti asilo, minori non accompagnati e vittime di tratta e di rafforzare le capacità di accoglienza. Il mancato accesso ai 150 migranti risulta quindi non conforme alle modalità operative dello stesso progetto. In cinque anni di attuazione, il progetto Praesidium ha contribuito ad una gestione trasparente dell’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo giunti in Italia attraverso il Mediterraneo.
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Ventimiglia Dèjà Vu

Mentre la Liguria e mezza Italia sono coinvolte in alluvioni e straripamenti, l’eternamente soleggiata Ventimiglia, forse più francese che italiana, si distingue anche a  fine novembre per giornate assolate e cieli azzurri.

20 gradi di giorno e 15 di notte, una vera oasi del bel tempo e  della natura incantevole, non a caso meta di villeggiatura invernale di zar russi e nobili europei sin dal 700.

Come un Dèjà vu, la stazione di Ventimiglia da dieci giorni è ritornata ad essere l’alloggio di alcuni tunisini, mentre la vita della gente di frontiera continua nonostante l’impasse touristique.

Maher, un giovane tunisino da aprile sul territorio italiano, ci racconta che nell’ultima settimana alcuni connazionali, rientrando in Francia dopo un breve soggiorno in Italia per il rinnovo dei documenti, sono stati fermati, identificati ed espulsi dalle autorità francesi di frontiera. Altri, per rinnovare il permesso di soggiorno per altri sei mesi presso le questure italiane, hanno lasciato il lavoro (in nero) e la Francia, sicuri di poter rientrare entro alcuni giorni.  Lui stesso, domenica scorsa, è stato arrestato sul treno in viaggio da Ventimiglia a Parigi, trattenuto per 4 ore e riaccompagnato dalle autorità al confine, senza spiegazioni se non che i documenti rilasciati dallo Stato Italiano a questi cittadini nordafricani non vengono riconosciuti dagli Stati Schengen.

Per le stesse ragioni e con le stesse modalità altri 3 dei migranti oggi alla stazione di Ventimiglia, nonostante da tempo vivessero a Nizza, sono stati fermati in territorio francese e deportati in Italia nel giro di qualche ora, senza poter avvisare le famiglie , né i datori di lavoro, come cittadini in possesso di documenti irregolari.

Sapevamo già tutti, da mesi, che quelli che avevano ottenuto il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie dallo Stato Italiano, avrebbero incontrato ben presto delle difficoltà a trattenersi sul territorio italiano ed ancor più su quello europeo e  delle tremende restrizioni per quel che riguarda la capacità di lavoro.

Queste favolose e coloratissime carte rigide, con tanto di ologrammi e fotografia, non permettono né di lavorare né di viaggiare, semmai a chi è più fortunato, permettono l’accesso a un centro di accoglienza.

La fabbrica dei clandestini è sempre al lavoro. Ufficialmente dall’Europa viene riconosciuto il diritto di migrare agli abitanti del nord Africa  a causa di una gravissima crisi economici e politica, che per qualche nostro politico forse sono cause decadute con l’esilio del dittatore Ben Ali. Come se in Tunisia la disoccupazione fosse stata risolta dalle ultime elezioni e come se tutti i Gap della democrazia fossero stati colmati in pochi giorni.

In Italia intanto, dietro la facciata dell’accoglienza misericordiosa e costosissima, si celano zero opportunità di vivere e lavorare come normali essere umani.

I  nostri vicini di casa continueranno a lasciare  le loro famiglie e abitudini, le loro terre e luoghi d’origine perché essere sfruttato in Tunisia significa guadagnare dai 50 ai 200 euro al mese, che indipendentemente dal differente costo della vita, sono insufficienti a costruirsi un futuro e studiare all’università è pressoché impossibile per un comunissimo studente medi.

Si potrebbero aprire moltissime discussioni sulle politiche di accoglienza ed integrazione attuate dal nostro governo, ma quello che viene più semplice fare, di fronte al disagio che i migranti si trovano ad affrontare sul territorio italiano ed europeo è sollevare un dissenso di fronte al disagio ed alla grande discriminazione che il sistema li porta ad affrontare.

Per questi uomini e ragazzi di nazionalità tunisina, che sono in Italia dal Marzo scorso,  non sono chiare le modalità da seguire  per essere dei normalissimi abitanti e lavoratori. Come liberarsi dall’incertezza, dai difetti burocratici, dalle forze dell’ordine che ci riportano all’epoca feudale, dai rimpatri forzati  dai CIE, dalle notti alla stazione e dalla Polizia che ti sequestra le poche coperte che qualche cittadino ti avevano regalato.

Nelle testate giornalistiche locali questi giorni dei migranti che pernottano a Ventimiglia vengono descritti con nessuna esattezza sui fatti e sui dati e messi sempre in relazione alla criminalità, come atti a discriminare e discreditare la popolazione tunisina che vive nel nostro paese e a giustificare la macchina dei rimpatri forzati e della detenzione nei CIE, senza esplicitare che criminalizzando la clandestinità, ogni cittadino solo perché sbarcato a Lampedusa è passibile di espulsione.

Rispetto a questi articoli

http://www.ponenteoggi.it/categorie/leggi-articolo/argomento/cronaca/articolo/ventimiglia-risse-tra-tunisini-in-stazione-il-problema-continua-e-aumenta.html#.TtNieErfZBY

http://ventimiglia.ponenteoggi.it/categorie/leggi-articolo/argomento/cronaca/articolo/ventimiglia-risse-tra-tunisini-in-stazione-il-problema-continua-e-aumenta.html#.TtNju0rfZBY

ho trovato una situazione completamente diversa in stazione, i giovani che si trovavano la erano fra i 15 e i 20, nessuno nelle 48 ore in cui mi trovavo la era ubriaco e soprattutto era tutti decisamente disperati, sull’orlo delle lacrime a causa della vita che conducono dal giorno che sono entrati in Italia la prima volta.

Se per qualcuno rientrare in Tunisia sembra la via più semplice, per altri la vergogna e la paura di rientrare in patria senza poter restituire il denaro prestato, non sempre da familiari o amici, è un deterrente tale da far preferire la vita fra la strada, la stazione ed un pasto in sacchetto della Caritas. Se per qualcuno di noi dormire in strada senza lavarsi è una caratteristica tipica dell’immigrato, nessuno dei tunisini che ho conosciuto in questi mesi ha mai vissuto in tale situazione al suo paese e mai si sarebbe aspettato di farlo in Europa.

Purtroppo sulle stampe liguri queste sono le notizie che circolano, strumentalizzando  la difficile situazione e diffamando un intero popolo per ottenere consensi fra la popolazione più nazionalista.  Essere uno straniero in Italia senza grossi capitali alle spalle, indipendentemente dal grado di educazione, è una delle condizioni più umilianti e difficili, in cui nonostante la dedizione al lavoro, alla famiglia e la ricerca continua della regolarizzazione legale della propria vita si può venire rinchiusi e deportati per difetti burocratici o amministrativi.

 

http://www.padania.org/padania/immigrazione/126049-fermati-tunisini-irregolari-tra-ventimiglia-e-sanremo.html

http://www.ponenteoggi.it/categorie/leggi-articolo/argomento/cronaca/articolo/ventimiglia-fermato-tunisino-infastidiva-clienti-di-un-bar.html#.TtNzdkrfZBY

http://www.riviera24.it/articoli/2011/11/22/122194/fermati-tunisini-irregolari-tra-ventimiglia-e-sanremo

Mafalda Quino

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Bari, soccorso barcone con 171 migranti

BARI – Sono 171 i migranti giunti nella notte al porto di Bari, 54 sono minorenni. Del gruppo – tutti uomini e ragazzi – fanno parte cinque somali, tutti gli altri sono egiziani. Le persone che hanno avuto bisogno di ricorrere a cure mediche sono state sette, per lo più per problemi di ipotermia: tutti e sette sono stati condotti al Policlinico di Bari. In porto, i militari della polizia di frontiera, guardia di finanza e guardia costiera hanno ancora in corso l’iter finalizzato a individuare gli scafisti. La segnalazione del barcone al largo delle coste di Bari era giunto nella tarda serata di ieri: raggiunto con motovedette da guardia di finanza e guardia costiera, era stato scortato siono alla banchina. L’ imbarcazione è di circa 30 metri e batte bandiera maltese.

Risale al 24 ottobre scorso l’ultimo consistente sbarco di immigrati sulle coste baresi. Allora furono 151 i migranti partiti dalle coste egiziane bloccati dopo un inseguimento in mare compiuto da motovedette della Guardia di finanza e della Guardia costiera. Dei migranti giunti allora, 114 immigrati furono rimpatriati il giorno dopo, i 68 minorenni che erano a bordo dell’imbarcazione furono trasferiti in centri di accoglienza di Campania e Sicilia. I 10 scafisti individuati a bordo di quell’imbarcazione sono stati condannati ieri a otto anni di reclusione con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata dal numero di persone e dalla presenza di minori, e resistenza a nave da guerra.

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Lampedusa, soccorso barcone di immigrati

44 i migranti partiti dalla Libia. A bordo anche una donna che aveva partorito. Si tratterebbe del primo sbarco dopo la caduta di Gheddafi. Un altro barcone soccorso a Lampedusa.

Lampedusa, soccorso barcone di immigrati

PALERMO – Un gommone alla deriva nel Canale di Sicilia con 44 migranti è stato soccorso in nottata dalla nave ”Foscari” della Marina Militare, dopo una segnalazione da parte di un peschereccio. A bordo anche una donna che aveva appena partorito e che è stata trasferita in elicottero all’ospedale di Agrigento. L’imbarcazione, che era in precarie condizioni, si trovava a 55 miglia a sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni di ricerca e soccorso.

PER GIORNI ALLA DERIVA. Secondo la Guardia Costiera i migranti, apparsi stremati a causa della lunga permanenza in mare, sarebbero gli stessi che due giorni fa avevano lanciato l’Sos con un telefono satellitare sostenendo di essere in balia delle onde e con il motore in avaria. Sulla base di queste testimonianze, raccolte da alcuni parenti somali residenti in Italia, il gommone sarebbe partito quattro giorni fa dalla Libia. L’ultimo barcone carico di profughi provenienti dalla Libia era approdato a Lampedusa il 16 agosto scorso. Si tratterebbe quindi del primo sbarco dopo la caduta del regime di Gheddafi.

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La prossima presentazione

La prossima presentazione de La Fabbrica dei Clandestini si svolgera al 16.Novembre 2011 a Napoli al Filmfestival del Cinema dei Diritti Umani.

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LA FABBRICA DEI CLANDESTINI

La Fabbrica dei Clandestini è un progetto ideato da Teleimmagini (collettivo di media attivisti indipendenti) in collaborazione con Al-Sirat (associazione interculturale che, al fine di promuovere politiche di integrazione, gestisce a Bologna uno sportello medico – giuridico a favore dei cittadini/e migranti).

Obbiettivo del progetto è analizzare e monitorare la gestione dello “stato di emergenza umanitaria”, ufficialmente decretato dal Governo italiano il 12 febbraio 2011, in relazione “all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa”.

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Emergenza Nordafrica: arrivano i permessi umanitari ma il 31 dicembre… si salvi chi può!

http://www.meltingpot.org/articolo18041.html

Il Governo verso il rilascio dei permessi fuori tempo massimo, intanto pronte le linee guida per l’uscita del 31 dicembre

Mesi e mesi di campagna, oltre 15.000 firme raccolte tra amministratori locali, artisti, professionisti, attivisti, volontari, un coro di voci che fin dal dicembre 2011 ha chiesto al Governo Monti il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo approdati sulle nostre coste durante il conflitto libico. Cittadini di altri stati che in Libia avevano cercato una nuova vita costretti a fuggire nuovamente, dalle bombe della coalizione o dalle violenze di chi li accusava di essere mercenari al soldo di Gheddafi, mentre lo stesso dittatore preparava i loro viaggi verso Lampedusa, lanciati in mare come proiettili umani, sono stati per oltre un anno e mezzo figli di nessuno. Inseriti in un circuito di accoglienza “fai da te”, affidato alla Protezione Civile, hanno atteso per lungo tempo di conoscere il loro futuro, alcune volte supportati dagli enti locali, altre dalle associazioni del volontariato, altre volte, troppe volte, abbandonati a loro stessi. Un permesso umanitario per non morire, dicevano a Trento pochi mesi fa, ed oggi quel permesso sembra diventato una possibilità concreta. Sono sempre più insistenti le voci che trapelano dai corridoi del Viminale secondo cui verrà data indicazione (forse con un decreto forse con provvedimenti interni) affinché venga rilasciato loro un permesso di soggiorno umanitario dopo la sottoscrizione della rinuncia alla domanda d’asilo: una sorta di ricatto che poco ha a che vedere con la voglia di riconoscere diritti. In ogni caso si tratta di una grande vittoria per noi, e di un nuovo problema per loro. E’ la vittoria della campagna #dirittodiscelta e di tutte quelle voci che hanno richiesto questo provvedimento, ma contemporaneamente appare anche come una decisione presa fuori tempo massimo. Oggi non é il maggio 2011 e quella che poteva diventare una grande occasione per tutti, il rilascio di un permesso che consentisse a migliaia di richiedenti asilo di progettare e costruire un loro futuro autonomo ed indipendente, diventa un nuovo problema per questo governo che ha scelto di rilasciare il titolo solo a ridosso (mancano ormai meno tre di mesi) della data di scadenza dei progetti di accoglienza. Una scelta insomma che sembra più dettata dall’esigenza di “liberarsi” di migliaia di persone ormai stanche ed esasperate per l’attesa, in vista del 31 dicembre, quando con la fine del percorso di “accoglienza” i nodi verranno al pettine. Non è un caso che contemporaneamente il Governo, lo scorso 26 settembre, abbia predisposto insieme alla Conferenza Unificata Stato Regioni un documento di indirizzo peril superamento dell’emergenza nordafrica, un mix di descrizioni tragiche, buoni propositi e scenari irrealizzabili che, proprio in vista della data del 31 dicembre, si cimenta in un’ultima disperata arrampicata sugli specchi. Il 31 dicembre 2012? Si salvi chi può Il documento del governo sancisce di fatto la fine del programma di accoglienza dei profughi. Il compito del documento è quello di delineare le metodologie per superare la fase emergenziale, caratterizzata in buona misura dagli aspetti legati all’accoglienza dei profughi in arrivo dalla Libia o dai paesi dell’area, coinvolti nei sommovimenti sociopolitici che hanno caratterizzato la stagione della “Primavera Araba”. L’intento, come viene sottolineato, è quello di sostituire questa prima fase con una successiva basata principalmente sull’inserimento sociolavorativo dei migranti. Il documento fotografa, abbastanza fedelmente (e impietosamente, aggiungiamo), le molte criticità finora emerse, sia sul versante dell’accoglienza che sul piano della mancanza di chiare garanzie giuridiche da predisporre nei confronti di persone che, come sottolineato nel documento stesso, sono “cittadini di altri stati africani che vivevano all’interno del territorio libico da anni, intrattenendo rapporti di lavoro o offrendo servizi all’interno del tessuto sociale libico e costrette a scappare a causa delle persecuzioni all’interno dello stato, non di origine ma “terzo”, molte delle quali non direttamente collocabili nella figura giuridica del titolare di protezione internazionale”. Una scoperta che incredibilmente il Governo sembra fare dopo oltre un anno e mezzo. Viene confermato il 31 dicembre 2012 come expiration date del programma di accoglienza “Emergenza nord africa”, nonostante l’impossibilità oggettiva di attivare buona parte delle misure, di per sé già insufficienti, previste per la nuova fase, e illustrate nel documento governativo. Come dicevamo, il documento del governo parte da una disamina della situazione, pienza zeppa di criticità autoprodotte proprio dalle scelte fatte (senza riconoscerlo), con qualche aggiunta assolutamente falsa (per esempio l’assistenza legale che sarebbe stata fornita ai richiedenti asilo) e rende bene l’idea delle mancanze strutturali del sistema messo in campo, per poi soffermarsi e concludersi con una serie di proposte operative per il superamento dell’emergenza che assomigliano più ai buoni propositi di chi vuole inziare la dieta o smettere di fumare piuttosto che ad un documento redatto da un governo tecnicissimo. La prima cosa che balza agli occhi è l’assoluta mancanza di indicazioni sugli interventi di garanzia sociale e giuridica da adottare all’atto della chiusura della fase di accoglienza, con il rischio reale che circa 15-20mila persone si aggiungano alla quota di richiedenti asilo senza fissa dimora, con un costo umano, sociale ed economico che andrà a pesare, in buona sostanza, sugli enti locali, sulle istituzioni di prossimità, già in difficoltà per l’effetto congiunto della crisi e dei sempre maggiori tagli imposti dallo stato centrale. Una mancanza di programmazione e lungimiranza, oltre che di volontà politica, che rischia di produrre risultati deleteri, in un contesto di tensioni sociali generate per effetto della crisi stessa. La data del 31 dicembre sarà quindi il vero e proprio punto di non ritorno per qualsiasi intervento, sia emergenziale che di prospettiva. Gli interventi previsti, pur se in buona parte condivisibili, non possono ovviamente non tenere conto di questa vera e propria spada di Damocle. Almeno così vorrebbe il buonsenso. Basti pensare ai progetti di avviamento e inclusione nel mondo del lavoro. Come sarà possibile attivare, entro il 31 dicembre, come prevede il documento, l’inserimento di 10.000 richiedenti asilo nel sistema produttivo, da finanziare con le risorse della Comunità Europea, se ad oggi non sono nemmeno state avviate le fasi di negoziazione in sede comunitaria? Restano quindi le 1.000 doti formative individuali con finalità occupazionali, su un complesso di presenze nel territorio nazionale di oltre 26.000 migranti coinvolti dall’emergenza nord africa. Anche se si riuscisse miracolosamente ad attingere ai fondi europei, attivando immediatamente i percorsi d’inserimento, cosa ne sarà dei circa 15.000 esclusi? La confusione sui numeri sembra spiegabile solo con la speranza da parte del Governo che con il rilascio dei permessi umanitari molti profughi abbandonino volontariamente i progetti. Buone proposte pratiche tendenzialmente non mancano, ma vengono depotenziate nella loro capacità di fornire risposte concrete dalle ristrettezze di mezzi e fondi. Positivo ad esempio, ma non per questo sufficiente, l’innalzamento dei posti di accoglienza in dote allo SPRAR da 3.000 a 5.000, anche se bisogna sottolineare che 1.000 di questi sono legati a eventuali disponibilità di bilancio, cosa tutta da vedere. Positivo ma non sufficiente perché, forse è bene ricordarlo, il nostro paese registra circa 20mila domande presentate annualmente da richiedenti asilo non afferenti alla “emergenza nord africa”. Allo stesso modo l’attivazione di tavoli di coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte, a vari livelli gerarchici, è un primo passo nella giusta direzione, che però non contempla l’inserimento organico del mondo dell’associazionismo e del privato sociale, che ha fino ad oggi sopperito notevolmente alle mancanze degli attori istituzionali, limitando di fatto la discussione, la programmazione e l’esecuzione collegiale degli interventi previsti. Un meccanismo ad escludendum che non valorizza e relega a meri esecutori tante realtà che, lavorando sul campo, hanno accumulato un prezioso carico di conoscenze e competenze. Il giudizio è critico anche per quanto concerne il previsto consolidamento delle pratiche di rimpatrio assistito, misura che ha visto un aumento considerevole del plafond garantito a coloro volessero accedervi ma che è un modo, a nostro parere, non di risolvere quanto di liberarsi del problema. In buona sostanza, gran parte delle questioni e delle contraddizioni che erano emerse in tutta la fase operativa dell’Emergenza nord africa rimangono sul tappeto, e questo rischia di inficiare complessivamente qualsiasi piano d’interventi per il superamento dell’emergenza. Dopotutto, il 31 dicembre è dietro l’angolo, con il rischio concreto che la situazione deflagri definitivamente. Il si salvi chi può, che è in definitiva il succo del discorso contenuto nel documento del governo, in questo caso è poca cosa. Vista la scarsità di scialuppe di salvataggio, quello che si profila è un tragico naufragio.

Diritto di scelta – Petizione per il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia

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